Venezia

canal grande 1canal grandeVenezia è troppo. Troppo di tutto. Troppa luce, acqua, bellezza. Troppi piedi, mani, scarpe, macchine fotografiche, giapponesi, mandrie di studenti urlanti, distratti o incantati. Troppi ormoni, marmi, giardini misteriosi, scaglie d’oro, tessere di mosaico scintillanti, santi e poeti e matti. Fa uscire di testa Venezia. Viene a strapparti il respiro dalla bocca e ti restituisce aliti di sale e alghe putrefatte, ma anche fioriture viola che eruttano dalla pietra e profumo di cipolla e aceto, e poi voci e violini dalle finestre spalancate su una mattina che sembra finalmente primavera piena. Ti trascina, Venezia, su e giù per le calli, ti fa perdere, poi ti rimette sulla giusta strada. Qualcuno dice che si mangia le persone, e le fa sparire, ma i veneziani negano risoluti: "mai sentita, questa storia." Ma chissà, Venezia è piena di fantasmi e di leggende. E’ essa stessa una leggenda.

Ci sono stati anni in cui correvo a Venezia senza dirlo a nessuno. Prendevo il treno la mattina e ritornavo la sera, andavo alle Fondamenta Nuove a guardare l’Isola di San Michele. Camminavo per ore nel ghetto tenendo per mano un bambino fantasma. Guardavo la città con i suoi occhi. Gli occhi di mio nonno: il bambino nel collegio dei Gesuiti, era lui.

Poi, l’altra mattina, di colpo, lungo il Canal Grande, mentre il vaporetto mi riportava alla stazione, una gigantesca gru è comparsa nel cielo e io mi son detta: ecco, allora anche Venezia è Italia, anche Venezia esiste e non è solo un miraggio di luce e acqua nella testa dei pazzi come me.

gru a venezia


Alice nel paese delle meraviglie

978-88-541-1346-6Questa nuova edizione di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carrol, nei Tascabili De Luxe di Newton Compton con una mia presentazione, sarà in libreria da domani. A scriverla mi sono divertita molto perché ho immaginato di indirizzare una lettera alla mia piccola amica Emma – cinque anni ad aprile- che ancora non sa leggere proprio sul serio ma ci siamo quasi.


Avvinte da un improvviso silenzio
Eccole dietro a un sogno fanciullo,
attraverso la libera terra
delle nuove meraviglie-
bisbigliare con uccelli o bestie,
credere per metà che sia tutto vero.

E’ buio qua dentro. C’è odore di polvere e di caramella sciolta, di detersivi e scarpe vecchie. C’è silenzio, tanto silenzio che si sente battere il cuore. Tum-tum. Tum-tum. E’ il tuo o è il mio? Tutti e due, è naturale. E’ che battono allo stesso identico ritmo e quindi se ne sente uno soltanto. Ci stringiamo l’una all’altra e non lo sappiamo più, a dire la verità, se stiamo tanto vicine perché lo spazio è poco, oppure perché abbiamo paura. Un rettangolo di luce si disegna sulla porta a vetri. Oltre questa lastra zigrinata c’è l’ignoto, ci sono le Ombre Cattive, ma qui, qui noi due siamo al sicuro. E nessuno può trovarci se non saremo noi a volerlo. Basta crederci, concentrarsi. Adesso c’è profumo di bosco, di coda di scoiattolo e di tigli fioriti. Dammi la mano. Com’è piccola, e fresca. Mi volto a guardarti e il tuo piccolo viso perfetto è così pallido che sembra di carta, gli occhi brillano inquieti e non c’è accenno di sorriso, sulla tua bocca. Stringi forte le labbra e stringi pure le mie dita. Mi guardi seria e porti il dito indice davanti al naso, “shh”, mi dici, “se no ci sentono, e non devono sentirci, noi qui non ci siamo, non ci siamo proprio per niente”. E allora stringo anch’io le labbra, e chiudo gli occhi fortissimo, le mie ginocchia e le anche scricchiolano nello sforzo di farsi ancora più piccole e occupare meno spazio e meno ancora, fino a sparire. Scuoto la testa e tengo la tua mano: “Non farò il minimo rumore, te lo prometto. Noi, qui, non ci siamo, e qui, in ogni caso, è altrove, chissàdove, nessundove”.

Perché lo so benissimo anch’io, come lo sai tu, che giocare è una cosa seria. La cosa più seria che esista al mondo.

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Spring is here

Non mi cercate. Non mi scrivete, non mi telefonate. Tanto, nell’eremo, il cellulare non prende, la linea telefonica non c’è e conseguentemente, non ho un collegamento internet. Un po’ meno di una settimana di silenzio. Leggere, scrivere, riempire cassette e vasi di terra del bosco e piantare lattughe, radicchi, rucola, zucchine e fagioli. La mia testa e il mio corpo hanno bisogno di spazio e di silenzio. Non si può essere dappertutto nello stesso tempo, sempre all’erta, sempre raggiungibili, sempre disponibili, sempre pronti a rispondere , certo. Ogni tanto, occorre fare il vuoto, dentro e attorno. Come semi, appunto, accucciarsi nella terra fresca e attendere che arrivi il momento giusto per tornare a spingere la testa fuori.

Con me, vengono John Berger e Rudolf Steiner. Non in carne ed ossa, s’intende.

Il 25 marzo, alle 21, sono a Venezia, alla Fondazione Buziol, a leggere.

E ricordate: La primavera è qui.


Nel bianco

24_7

6.671: sono i chilometri che
separano Freetown da Tasiilaq,
punto di partenza e punto di arrivo
di questo viaggio.

Nel 1982, l’anno dei mondiali
di calcio, di E.T. e di Blade Runner,
iniziano le prime trasmissioni
televisive in Groenlandia.

«Un libro dev’essere un’ascia
per il mare ghiacciato che
è dentro di noi.» Franz Kafka.

 

In libreria dal 18 marzo.


Con le armi della cultura

Nell’ambito della Settimana della Legalità che si tiene a Roma al Teatro Piccolo Eliseo, giovedì 12 marzo alle ore 18 parteciperò – con una lettura da Rovina, Collana Verdenero di Edizioni Ambiente- ad un dibattito sulle Ecomafie. Quanto mai urgente. Anche in previsione di un discutibile Piano Casa che il governo Berlusconi si accinge a varare venerdì 13 marzo.